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Finalmente cittadino, cittadino italiano

Mor Amar, socio fondatore della Cooperativa Sophia originario della Mauritania, ha ottenuto la cittadinanza italiana. Caterina Amodio, socia fondatrice insieme a lui, aveva scoperto il suo talento per la scrittura pubblicando la biografia “Stronzo Nero”. Adesso è lei a raccontarci cosa vuol dire per Mor essere diventato cittadino italiano.

Mi vengono in mente flash fotografici che la mia mente elaborava e immaginava quando Mor mi raccontava sprazzi della sua vita a Nouakchott. Sono passati quasi 12 anni da quando Marco me lo ha presentato per aiutarlo a superare l’esame per la patente. Da quando aveva uno sguardo molto stanco e arrossato, sempre gentile e pieno di dignità.

Se ripenso a questi anni, i miei sembrano volati. Se ripenso ai suoi, li vedo lenti, faticosi, fatti di ricongiungimenti e addii, di nostalgia, preoccupazione ma anche di amicizia e allegria.

Dopo un breve soggiorno a Parigi, città in cui desiderava mettere radici ma che non gli ha permesso di restare, nel 2011 trova asilo in quella che ora è la sua città, Roma. Sua moglie e il primo figlio sono stati la benzina per alimentare il fuoco della determinazione. Passi faticosi per ottenere i documenti come rifugiato politico. Per procurarsi i primi lavoretti. Per guadagnarsi la fiducia di Marco, un ragazzo che come lui voleva costruirsi un futuro lavorativo senza compromessi. Si è appoggiato e ha offerto la spalla, è nata Sophia Impresa Sociale.

Uno dei suoi punti di forza è stata la fermezza di proseguire sulla via della legalità. E il suo obiettivo l’ha raggiunto: dal 5 agosto 2024 è cittadino italiano.

Lo sguardo del lungo periodo, ecco quello che ha avuto: studio della lingua, residenza e lavoro erano la strada da battere. E così, appena uscito dal centro di accoglienza, mentre quasi la totalità dei compagni accettava lavoretti occasionali e un tetto sulla testa da condividere a qualsiasi condizione, Mor studiava l’italiano per le certificazioni e cercava un appartamento con regolare contratto di affitto, con sforzo immane per sostenerlo ma con la consapevolezza che era il passo giusto da fare per mettere i mattoncini per il futuro suo e della sua famiglia. Al contempo, abbastanza presto, grazie alla dimostrazione della sua affidabilità e onestà, è iniziata per lui e per noi l’avventura Sophia, i primi stipendi, le difficoltà, la fiducia, la condivisione dei carichi, anche economici.

Mentre sullo sfondo si occupava di rinnovi dei documenti, ricongiungimenti familiari, nascita dei figli (che nel frattempo sono diventati quattro) cosa ci ha fatto di questo suo vissuto così tortuoso e lento, fatto di ostacoli, delusioni, burocrazia, attese, difficoltà economiche, pregiudizi, nostalgia, sacrificio? Lo ha trasformato in risorsa, mettendolo a disposizione per costruire dal nulla tutto il filone dei progetti formativi di Sophia: è diventato esempio per altri che come lui sono arrivati in Italia spaesati e provati dalla sofferenza, accompagnandoli concretamente nel lungo percorso di integrazione; è diventato guida per circa 12.000 studenti italiani che hanno visto in lui come la determinazione e la costanza portino alla realizzazione di obiettivi che sembrano irraggiungibili; è diventato fratello maggiore di 6.000 ragazzi africani a cui ha insegnato la verità sull’emigrazione, mettendoli in guardia sui rischi e le condizioni reali che affronta chi sceglie di lasciare il proprio paese. E per me? La sua storia è il mio primo libro, quello che mi ha fatto conoscere la mia vera passione, il mio spazio sicuro, dove mi sento io, nel mio. E oggi, ancora grazie a lui, scrivo le mie prime righe per Sophia dopo una lunga pausa lavorativa. 

Il cerchio si chiude. E si riapre per un nuovo capitolo da cittadino italiano. Il suo status di rifugiato politico, come una “rete” appiccicata al corpo che rallentava e spesso impediva i suoi movimenti, si è squarciato. Come se d’improvviso non dovesse più chiedere il permesso di esistere, di chiedere assistenza, di viaggiare, di pensare, di dire la sua. 

Come ci si sente, gli ho chiesto. Ha provato orgoglio e profonda emozione quando ha pronunciato: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato”. “Ora mi sento libero”, mi ha detto.