107° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: il Noi Sempre più Grande secondo Mor
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“Ti senti italiano?” è la domanda che più volte ho sentito nelle scuole. Io penso che essere italiano non significa avere i documenti o essere nato nel paese, ma essere parte della comunità. E io mi sono sentito sempre dentro, lavorando e vivendo qui. Per me Verso un Noi Sempre più grande è una missione: da sempre cerco di allargare questa relazione, allargare questo noi, lavorando e creando progetti che hanno come obiettivo l’integrazione dei più fragili. E’ un’opportunità che io ho in questo momento”.
In occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato2021 che si celebra il prossimo 26 settembre, Mor Amar, giovane rifugiato mauritano e socio fondatore di Sophia Impresa Sociale, cooperativa di Roma impegnata nell’integrazione e nell’accoglienza, racconta il suo significato quotidiano di un “Noi sempre più grande”.
Mor Amar ha dovuto lasciare il suo paese per una grave crisi politica e arrivato a Roma ha sperimentato la solitudine e la dispersione di un giovane migrante in terra straniera. Ha incontrato però un alleato, Marco Ruopoli, con il quale ha avviato un progetto di impresa per promuovere un tipo di accoglienza diverso: Sophia Impresa Sociale.
Quando hai sentito di voler dar vita a Sophia Impresa Sociale e creare progetti per l’integrazione dei migranti?
“Le cose in realtà sono venute in maniera naturale. Tutto è nato dal rapporto con Marco. Nessuno dei due aveva posto barriere all’altro e ho accolto subito la sua proposta di creare un’impresa. All’inizio non avevamo idee o progetti chiari, facevamo piccoli lavoretti.
Siamo partiti dal raccontare nelle classi la mia storia. Da lì è nato il nostro primo progetto educativo, con l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti sul fenomeno dell’immigrazione. Quando andavamo nelle scuole Marco diceva sempre ai ragazzi: “Con Amar ho avuto una relazione che neanche con i miei fratelli ho avuto. Non siamo dello stesso paese, della stessa religione, della stessa cultura, però lavoriamo insieme”. Per me il lavorare insieme è la chiave. Io ho sempre visto Marco come un fratello e lui lo stesso”.
Come si è evoluto il vostro impegno per l’integrazione?
Confini è stato solo l’inizio: più giovani incontravamo più ci sentivamo la responsabilità di offrire opportunità di integrazione e di lavoro. Grazie ai fondi che la Conferenza Episcopale Italiana ha voluto devolvere per l’accoglienza dei giovani migranti, attraverso la campagna Liberi di Partire, Liberi di Restare, abbiamo avviato un progetto di formazione ai mestieri artigianali “Creare Valore” qualificando le abilità di molti ragazzi e permettendogli di entrare nel mondo del lavoro regolare in Italia. Molti dei ragazzi lavorano ancora con noi: questo spirito di condivisione non varia da progetto a progetto.
Vista la tua esperienza, che diresti ad un giovane che arriva oggi in Italia?
Bisogna aver coraggio. Io lo rimando sempre alla mia mentalità e all’educazione che ho ricevuto dalla scuola e dai miei genitori. Questa forza si è trasformata in coraggio, pazienza e la capacità di non abbattermi facilmente di fronte anche alle situazioni più brutte. Io sono una persona molto positiva e non mollo. So che la vita non è facile e che le cose non si realizzano da un giorno all’altro. Spero che anche i migranti afghani possano avere questa forza e questo coraggio e non si lascino abbattere”. E’ importantissimo però parlare ai giovani prima che partano, in Africa, affinché siano preparati e pronti ad integrarsi. Per questo abbiamo creato Educare Senza Confini, che forma i giovani in Senegal e in Guinea sui rischi del viaggio clandestino e sulle vie sicure e legali per partire.
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