Qualche settimana fa incontro Michel, un ragazzo di 33 anni col sorriso sudamericano, di quelli solari che scaldano la stanza. Ci mettiamo al tavolo e non so bene come cominciare, voglio solo che si senta libero di raccontare… E allora partiamo dall’inizio…
Nella sua città Pereira, in Colombia, aveva la sua attività di tecnico microsaldatore di cellulari e apparecchi elettronici. Un piccolo negozio aperto con tanti sacrifici, due collaboratori e clienti da guadagnare ma che non mancavano ad arrivare. Finalmente dopo 7 anni dall’apertura le cose gli andavano molto bene.
Poi un giorno tutto cambia. Una situazione che non ha previsto lo strappa al suo paese e lo porta in Italia, dove ha tutto da ricostruire. Deve affrontare un periodo molto duro, durante il quale incontra un avvocato che si occupa di reinserimento sociale, Elena Brusa. Questa gli propone di costruire un progetto di vita sul presupposto che ogni crisi genera opportunità. Gli propone un’accoglienza in cohousing con una signora anziana con l’impegno di condividere con lei la cena e qualche altro momento, e troverà nelle persone che frequentano stabilmente la casa un’ulteriore famiglia. Gli prospetta poi formazione e lavoro specificamente volti ad arricchire le sue risorse ed oltrepassare i suoi limiti. In questa prospettiva gli procura l’incontro nel nostro ufficio con Giuseppe. La sensazione iniziale per entrambi sembra quella di potersi fidare l’uno dell’altro e sul tavolo c’è il nuovo corso di Edificando che sta per iniziare e che permetterebbe a Michel di imparare i primi rudimenti nell’ambito del settore edile, idraulico ed elettrico. Nel frattempo, il desiderio di autonomia lo porta a lasciare il cohousing mantenendo comunque il rapporto con la famiglia, e si trasferisce fuori città. La scelta, con le difficoltà che comporta, lo fa crescere.
Il corso si svolge in un luogo industriale, enorme e pieno di attrezzature e Michel si sveglia all’alba per percorrere una lunga strada a piedi e con i mezzi pubblici e arrivare puntuale; con lui altri 20 giovani provenienti dai luoghi più disparati del mondo e con situazioni ancor più disagiate. Questo luogo gli piace perché è paradossalmente accogliente e pieno di una promessa di svolta. Ed è proprio lì che, finito il corso, inizia a lavorare con i suoi compagni nell’area tecnica di Sophia, in particolare nell’ambito della manutenzione di filtri di impianti di depurazione. Al di là della mansione, Michel guarda a Giuseppe come a un vera guida, come a un artigiano col suo garzone, perché “è molto attento alla persona, si prende cura di ciascuno, non lo fa solo con me, è un insegnante diverso, lo fa con ironia, ti fa ridere, così la fatica è meno dura. Ha la vocazione per fare quello che fa.”
Dal canto suo, Giuseppe nota la sua spiccata intelligenza, le abilità notevoli e la capacità di mettere subito in pratica quello che impara, ne apprezza l’affabilità, la gentilezza e la generosità nell’aiutare chi ha più difficoltà con le attività e la lingua. Confermata la grande fiducia che all’inizio gli aveva dato solo sulla carta, avendolo poi visto alla prova anche lavorativamente, Giuseppe decide di coinvolgerlo in un’altra mansione dell’area tecnica di Sophia, e comincia a portarlo con sé nell’ambito delle commesse di manutenzione delle parrocchie. “Di lui mi colpisce come, con grande empatia, riesce a creare in autonomia relazioni con i parroci e i ragazzi lavoratori del team” dice Giuseppe. Pian piano, da allievo del corso di Edificando, ne diventa assistente, affiancando i corsisti durante le lezioni e aiutando Giuseppe a creare un clima di serenità per permettere a tutti di imparare, sbagliare e imparare ancora. Di fatto ora ha la possibilità, e ne sente la responsabilità, di offrire ad altri, che partono da condizioni di disagio maggiore, le opportunità che ha ricevuto.
Nonostante le difficoltà e i sacrifici, il senso forte di nostalgia e mancanza nei confronti della sua famiglia e della sua terra, dalle sue parole e dai suoi occhi non percepisco mai alcun sentimento di vittimismo. Della sua storia non vuole che il negativo abbia l’ultima parola. Vuole che emerga come, da una situazione difficile, spesso umiliante, può nascere un bene. Parla di riscatto, vuole che si sappia il buono, perché questo buono deve insegnarlo a suo figlio, quando finalmente potrà riabbracciarlo.
Giuseppe, tutor di Sophia, è potuto stare accanto a Michel e accompagnarlo nel suo percorso formativo grazie al sostegno di Fondazione Angelini.
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